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SC Malattie Infettive e Tropicali I, osp. Amedeo di Savoia, Torino SS Medicina dei Viaggi
ASL Città di Torino

Consigli pratici di comportamento


Clima: colpo di calore
Clima: protezione dai raggi solari

Adattamento all'altitudine
I voli in aereo e i viaggi in macchina
Jet Lag
Puntura o morso di artropode o animale velenoso
Bagni in fiumi, laghi e mare; sulla spiaggia
Immersioni
Usi e costumi



Clima: colpo di calore

Ai tropici il clima è sovente caldo umido nelle regioni di pianura, mentre è secco e molto caldo durante la giornata nelle regioni desertiche.
L'organismo viene sottoposto ad un particolare stress in quanto è esposto anche a cambiamenti repentini della temperatura ambientale (passaggio da stanze condizionate all'ambiente esterno caldo umido).
La regolazione della temperatura corporea è il risultato di un bilancio tra il calore prodotto dall'ambiente, dal metabolismo dell'organismo, dall'attività fisica, dalla luce solare ed il calore eliminato attraverso l'irraggiamento (quasi i 2/3), l'evaporazione (quasi 1/3), la conduzione e la convezione. In alcune situazioni (attività fisica intensa) la conduzione gioca il ruolo maggiore nella dispersione del calore.
I bambini molto piccoli hanno meccanismi regolatori meno efficienti e sono maggiormente a rischio di andare incontro a colpi di calore o di freddo.
Il danno da calore si manifesta in forme di gravità variabile specie se riconosciuto in tempo. Sintomi più lievi "
esaurimento da calore", "crampi da calore" [debolezza, cefalea lieve, crampi, vertigini, nausea, lievi brividi, tachicardia (aumento della frequenza del cuore)] possono essere controllati con il riposo, una abbondante idratazione orale (succhi di frutta, bevande con sali come quelle impiegate dagli sportivi), spugnature fredde o applicazioni di ghiaccio sul collo, alla radice degli arti e sull'addome. Se sono presenti segni di maggiore gravità caratteristici del vero e proprio "colpo di calore" diventano necessari provvedimenti terapeutici intensivi. 

Colpo di calore: in questa condizione il corpo ha perduto la sua capacità di regolare la temperatura che si innalza al di sopra dei 41° C. Le caratteristiche principali consistono nel collasso e nel deterioramento psichico che può arrivare alla confusione, al delirio ed al coma, fino al decesso. I sintomi sopra menzionati (cefalea, brividi, tachicardia, sintomi gastrointestinali, orripilazione) diventano più gravi e si associa iperventilazione (aumento delle frequenza respiratoria). Si tratta in questo caso di una emergenza medica che deve essere trattata in modo energico con raffreddamento rapido (ghiaccio), reintegrazione dei liquidi per via venosa se possibile. In caso contrario possono verificarsi danni irreversibili ai reni, cuore e fegato. Se non fosse disponibile acqua purificata da bere utilizzare in questa situazione anche acqua non potabile.
 
Prevenzione del colpo di calore: Alcuni fattori possono contribuire a provocare il colpo di calore. Tra di essi l'età molto giovane o avanzata, le malattie coesistenti; i farmaci come le fenotiazine, gli antistaminici, gli anticolinergici, i butirrofenoni, i beta-bloccanti possono alterare la regolazione termica; alcune sostanze di abuso come l'alcool, la cocaina e le amfetamine possono aumentare la produzione di calore di origine metabolica.
Anche una parziale disidratazione può interferire con il meccanismo di regolazione della temperatura. Si deve pertanto tenere a mente che anche una diarrea lieve può condurre a seri problemi.
E' pertanto importantissimo mantenere una idratazione abbondante e seguire le norme sotto riportate.



Per evitare il colpo di sole o l’ancor più grave colpo di calore occorre seguire alcune semplici accorgimenti
(validi per tutti, ma in modo particolare per i bambini e per le persone anziane)
  1. Evitare di esporsi a lungo al sole
  2. Evitare l’attività fisica moderata-intensa specie durante le ore più calde ed al sole: fino
  3. a che non si è acclimatati perfettamente è sconsigliabile fare sforzi fisici per più di 30-90 minuti a giorno; evitare comunque sempre le ore più calde del giorno
  4. Indossare abiti adatti al clima, leggeri, ben ventilati, ampi, evitare sintetici (nylon)
  5. Indossare un copricapo a tesa larga (in particolare le persone ipertese)
  6. Bere abbondanti quantità di liquidi (con sali di potassio)
  7. Mantenere la pelle umida, ventilata e pulita (soprattutto i bambini)
  8. In caso di caldo molto intenso è consigliabile salare maggiormente i cibi
  9. Temere sempre il clima molto umido e prendere maggiori precauzioni in questo caso




Clima: protezione dai raggi solari

L'esposizione al sole è per molti aspetti benefica ma le radiazioni ultraviolette UVB e UVA possono essere dannose causando eritemi, inducendo fotodermatosi da farmaci, promuovendo l'invecchiamento della cute (cheratosi, epiteliomi, melanomi), o indirettamente favorendo affaticamento cardiaco o colpi di calore. Le scottature, causate principalmente dagli UVB, sono infatti degli eritemi mediati dalle prostaglandine che implicano un grave danno cumulativo al DNA cellulare.
Per queste ragioni è consigliabile esporsi gradualmente e con giudizio ai raggi solari e proteggere la cute mediante creme.La suscettibilità alla luce solare ed alle radiazioni ultraviolette e le precauzioni che devono essere osservate dipendono in gran parte dal tipo di pelle. Si riconoscono 6 tipi di pelle che manifestano diversa sensibilità alla luce solare. I più esposti alle ustioni sono ovviamente coloro che hanno la pelle di tipo 1, chiara e con capelli biondo chiaro e rossi; la facilità ad abbronzarsi e la resistenza alla esposizione al sole aumentano gradualmente nelle diverse classi e sono particolarmente alte nelle persone di carnagione scura e di origine latina o asiatica. Il tipo di pelle determina pertanto la minima dose in grado di provocare un eritema: questa varia da circa 10' in coloro che hanno una pelle molto sensibile a più di 60' per coloro che hanno una pelle fortemente pigmentata.La prima raccomandazione consiste nel minimizzare l'esposizione tra le 10 e le 16, periodo nel quale i raggi solari sono più diretti. Nei primi giorni inoltre, l'esposizione dovrebbe essere limitata a 15 minuti.Gli abbronzanti sintetici contengono in genere dididroacetone e non hanno qualità fotoprotettrici. 

Creme solari: Le creme dotate di effetto schermo possono essere di due tipi: fotoassorbenti chimici e riflettenti fisici. I più moderni filtri solari sono per lo più dei fotoassorbenti organici che in qualche caso contengono anche formulazioni micronizzate di riflettenti fisici (ossido di zinco e biossido di titanio). L'impiego di creme solari con funzione di schermo consente di prolungare l'esposizione ma non influisce sull'effetto dei raggi UVA sull'invecchiamento della pelle. Le creme solari sono classificate secondo una scala che definisce il Fattore di Protezione (Sun Protective Factor o SPF): secondo la Food and Drug Administration (FDA) i prodotti con un SPF tra 2 e 12 offrono una protezione minima, mentre quelli con SPF tra 12 e 30 una protezione moderata; una protezione alta è offerta dai prodotti con SPF superiora a 30. Le creme che sono dotate di fattore di protezione superiore a 20 contengono di solito anche il filtro per gli UVA di intensità variabile tra 1 a 12; queste creme sono definite "a spettro allargato o ampio". La protezione nei confronti degli UVA, benché questi non causino direttamente eritemi solari, è particolarmente importante in quanto riduce il rischio degli effetti dannosi a lungo termine (tumori ed invecchiamento). Il fattore di protezione corrisponde al tempo relativo allo sviluppo di eritema (arrossamento) della cute trattata rispetto alla cute non trattata; in pratica una valore di 15 significa che la cute trattata impiegherà 15 volte il tempo necessario alla cute non trattata ad irritarsi in seguito all'esposizione ai raggi solari. Occorre ricordare che per i test che hanno portato alla definizione dei valori di protezione sono impiegate in genere maggiori quantità di crema di quella comunemente utilizzata. La scelta del fattore di protezione dipende dal colore della pelle e dei capelli e dalla sensibilità al sole. Le creme solari dovrebbero essere applicate almeno 30 minuti prima dell'esposizione al sole, ed ogni 2 ore e dopo ogni bagno o doccia. L'efficacia delle creme solari è ridotta dalla sudorazione, dalle frizioni e dal contatto con l'acqua. Scegliere quindi creme resistenti all'acqua. Queste sono definite come "water-resistant o waterproof" quanto sono efficaci per una durata massima di 40' di immersione, mentre come "very water-resistant " quando offrono una protezione fino ad 80' di immersione.Evitare di asciugarsi ai raggi del sole in quanto le gocce di acqua agiscono sulla pelle come lenti focalizzando i raggi solari e favoriscono le ustioni.
Gli abiti forniscono ovviamente una protezione nei confronti delle radiazioni ultraviolette. Non tutti gli abiti hanno però un fattore di protezione totale: se è possibile osservare, attraverso il tessuto tenuto di fronte ad una lampadina delle immagini, il potere di protezione del tessuto è inferiore a 15 e le persone che hanno una pelle molto delicata rischiano di bruciarsi; se si può osservare soltanto la luce il potere è tra 15 e 50, mentre se la luce non filtra è superiore a 50; occorre anche ricordare che gli abiti umidi offrono minore protezione rispetto a quelli asciutti.
Non consumare frutta contenente furocumarine (mango, lime) prima di esporsi al sole in quanto potrebbero causare depigmentazione permanente.
Attenzione, alcuni farmaci, deodoranti o profumi possono causare una particolare fotosensibilità e dovrebbero essere utilizzati con molta prudenza (Vedi tabella sottostante).  


E in caso di bruciatura?

Purtroppo non c'è molto da fare. In primo luogo occorre evitare ogni altra esposizione. I sintomi possono risentire in modo benefico di anti infiammatori (ibuprofene, aspirina) (attenzione alle controindicazioni). Se sono presenti eritema ed edema importanti sono utilizzabili anti istaminici e cortisonici topici o sistemici (in questo caso è necessario chiedere il consiglio di un medico). 

Esistono farmaci che possono favorire gli eritemi cutanei?   Si   



Elenco di alcuni dei Farmaci che possono causare fotosensibilità

Antiistaminici
Contraccettivi orali ed estrogeni
Anti-infiammatori non steroidei
Fenotiazine
Sulfamidici
Sulfaniluree (antidiabetici)
Diuretici tiazidici
Tetracicline
Antidepressivi triciclici
Acetazolamide
Deodoranti e profumi (al limone, alla lavanda, al bergamotto)
Attenzione ai prodotti di erboristeria



Adattamento all'altitudine

Soggiornare a quote elevate pone particolari problemi. L'organismo viene sottoposto alla riduzione del tasso di ossigeno, ad attività fisiche non abituali, a basse temperature.
La "malattia da alta quota" è sovente definita in modo semplicistico come "
mal di montagna"; si tratta in realtà di una patologia dovuta all'altezza mal tollerata dal nostro organismo, oltre certi limiti ed in particolari condizioni climatiche o soggettive.
Al giorno d'oggi è sempre più ricorrente, per la facilità con cui si possono raggiungere direttamente con l'aereo località in alta quota, per turismo (Perù, Bolivia, Nepal), o trekking (Kilimangiaro, Ande peruviane, Himalaya) raggiungere queste località senza una adeguata preparazione.
Il vero rischio è corso dal turista medio non avvertito né preparato, anche perché questo particolare aspetto della medicina non è sovente ben conosciuto dal Medico di medicina generale. Una recente rassegna sull'argomento può essere utile al Medico di Medicina Generale ed al Medico che si occupa di Medicina dei Viaggi: High Altitude Illness, Hackett PH and Roach RC, N Engl J Med 2001;345:107-115


Cause dell'insorgenza della malattia dell'altitudine

  1. Diminuzione della pressione di ossigeno e di anidride carbonica nell'aria alveolare
  2. Abbassamento della temperatura
  3. Disidratazione

Schema della tollerabilità dell’alta quota da parte di soggetti sani
e da soggetti portatori di patologie croniche

0-3.000 m.

cosiddetta "zona indifferente": non si avverte sensibilmente la mancanza di ossigeno da parte di soggetti sani; individui affetti da broncopneumopatie, cardiopatie, anemia, ipertiroidismo, possono non tollerare anche altitudini inferiori ai 2.000 m.

3.000-5.000 m.

altitudine ben tollerata soltanto da soggetti allenati ed alpinisti; necessaria acclimatazione

5.000-7.000 m.

altitudine tollerabile con difficoltà e soltanto dopo acclimatazione; raggiungibile pertanto solo dopo aver soggiornato ad altitudini inferiori in precedenza

>7.000 m.

"zona critica" dove soltanto individui ben allenati e sani possono soggiornare per tempo limitato dopo acclimatazione

Con il termine di malattia da altitudine si indicano le sindromi cerebrali e polmonari che si sviluppano in persone non acclimatate poco dopo aver raggiunto ed aver soggiornato ad alta quota. Il cosiddetto "mal di montagna" e l'edema cerebrale da alta quota si riferiscono alle manifestazioni cerebrali, mentre l'edema polmonare a quelle polmonari. I fattori scatenanti sono indubbiamente la rapidità di ascesa e la quota raggiunta e soprattutto la quota alla quale si dorme; non sono indifferenti tuttavia le caratteristiche individuali. Lo stato di benessere a livello del mare e l'età non sono predittivi sulla insorgenza di queste sindromi. E' tuttavia ovvio che una malattia preesistente (specie polmonare, cardiaca o neurologica) possano incidere negativamente sulle capacità di tollerare un'alta quota. Il mal di montagna si manifesta con una incidenza fino al 42% dei casi per soggiorni a quote > 3.000 metri. L'edema polmonare (molto grave) si può verificare con percentuali variabili tra lo 0,5 ed il 4,5% nei soggetti che soggiornano a quote tra i 3.700 ed i 4.700 metri. 

Prevenzione
La prevenzione di questa malattia si basa sull'acclimatazione: con questo termine si intende un adeguamento alle condizioni dell'alta quota tale da indurre un senso di benessere fisico e psichico a riposo e da permettere di compiere sforzi muscolari di un certo grado senza stancarsi e recuperando rapidamente le forze. L'acclimatazione richiede tempi lunghi e si può dire che è completa soltanto nei nativi d'alta montagna. Durante le prime fasi di acclimatazione sono presenti costantemente respiro frequente e tachicardia e nel 40% dei casi si registrano anomalie non specifiche dell'elettrocardiogramma per lo più non avvertite. All'arrivo in alta quota, oltre i 3.000 metri, può, nelle prime ore, non essere avvertito alcun disturbo; si verifica successivamente una fase detta di adattamento acuto della durata di 1-5 giorni cui segue il nuovo equilibrio respiratorio e della circolazione. Il tempo necessario per ottenere un acclimatazione stabilizzata ai migliori livelli si ottiene soltanto successivamente e può richiedere agli individui non allenati fino a 2-3 settimane.
E' pertanto opportuno che le quote elevate vengano raggiunte con un'ascesa graduale e che nei primi giorni in quota vengano svolte con molta moderazione le attività fisiche. La regola generale consiste nel non salire e soprattutto non dormire, a quote superiori di 600 metri rispetto a quelle di soggiorno nelle 24 ore precedenti, quando si superano i 2.500 metri. Ogni ulteriore ascesa di 600 metri dovrebbe richiedere 24 ore di acclimatazione.

Alcuni esperti suggeriscono anche una profilassi con farmaci come l'acetazolamide (Diamox) 125-250 mg due volte al giorno iniziando il giorno prima e proseguendo per due giorni dopo l'arrivo in quota per coloro che hanno progettato di recarsi al quote superiori ai 3.000 metri in un giorno solo (es. viaggi aerei); in l'aternativa possono essere suggeriti cortisonici come il desametazone. Altri prodotti come l'aspirina o gli estratti di Ginko o erbe cinesi sono al vaglio di studi controllati. Per la profilassi dell'edema polmonare alcuni autori suggeriscono la nifedipina ed i beta-agonisti.
Si tratta in tutti i casi di farmaci che devono essere prescritti e somministrati sotto controllo medico e non sono esenti da effetti collaterali e controindicazioni (l'acetazolamide ad esempio è un derivato sulfamidico potenzialmente fonte di reazione allergiche anche molto gravi, emorragie ecc.).
Si deve anche ricordare come il consumo di alcolici e di ipnotici (utilizzati per eventuale insonnia, che è frequente quando di dorme in alta quota) possono aumentare le possibilità di malattia da altitudine; si consiglia pertanto di evitare il consumo di alcolici e di non assumere ipnotici.

Riconoscimento e terapia
Il Mal di montagna si definisce come una cefalea, in una persona non acclimatata che sia di recente giunta ad una quota superiore ai 2.500 metri, associata ad uno dei seguenti sintomi: anoressia, nausea, vomito, insonnia, vertigini, astenia. L'edema cerebrale è la fase successiva più grave ed è caratterizzato da atassia (incapacità di coordinazione), alterazioni della coscienza, paralisi dei nervi cranici, allucinazioni. L'edema polmonare è caratterizzato da dispnea a riposo, tosse secca, grave prostrazione, sudorazione, cianosi (colorazione bluastra delle dita o delle labbra), tachicardia (aumento della frequenza cardiaca), tachipnea (aumento della frequenza respiratoria), sangue nell'espettorato, febbre, rantoli all'auscultazione del polmone. Molte volte i quadri clinici si sovrappongono.
I sintomi del mal di montagna e dell'edema cerebrale si manifestano in genere tra le 6 e le 10 ore dopo l'arrivo; in qualche caso possono comparire già dopo un'ora, mentre quelli dell'edema polmonare compaiono nelle 24-48 ore seguenti all'arrivo; raramente entrambe le sindromi insorgono dopo più di 4 giorni di permanenza ad alta quota.
Il trattamento si basa su: 
1. riposo assoluto alla comparsa dei primi sintomi; se non si osserva miglioramento scendere di quota di almeno 500-1.000 metri; 
2. astensione da ogni ulteriore ascesa; 
3.
se sono presenti segni di edema cerebrale (anche soltanto cefalea molto grave) scendere di quota (500-1.000 metri); 
4.
Ossigeno a basso flusso (2-4 L/min) nel caso dell'edema cerebrale, a flusso maggiore (6-8 L/min) per l'edema polmonare; 
5.
trattamento farmacologico a giudizio di medico presente: acetazolamide, o desametazone nel caso di edema cerebrale. 
Si consiglia comunque di assumere farmaci soltanto sotto controllo medico.
I primi sintomi indicanti un cattivo adattamento consistono, come detto, in cefalea, insonnia, vertigini, perdita di appetito. Se persistono anche dopo il riposo o se insorgono sintomi maggiori come tosse, respiro affannoso, cianosi (colorazione bluastra delle dita o delle labbra, espressione di sofferenza cardio-polmonare o di edema polmonare) o cefalea intensa, vomito, confusione (espressione di sofferenza cerebrale o edema cerebrale) è assolutamente necessario scendere immediatamente ad altitudini inferiori di almeno 500-1000 metri.
Somministrare ossigeno; eventualmente acetazolamide, nifedipina, cortisone (desametazone - Decadron) sotto controllo medico.
  


Condizioni di salute che controindicano il soggiorno ad altitudini elevate
  1. Malattie cardiache coronariche (infarto nelle 4 settimane precedenti, angina,
  2. ipertensione medio-grave)
  3. Insufficienza cerebrovascolare
  4. Malattie respiratorie (asma mal controllata, enfisema, pneumotorace ricorrente
  5. spontaneo, pneumonectomia)
  6. Malattie del sangue (anemia grave, drepanocitosi)
  7. Epilessia non controllata
  8. Diabete insulino-dipendente
  9. Malattia tromboembolica
  10. Precedenti episodi di intolleranza all’altitudine


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